| "-Grande Verde, pelle dura, parla con nero seduto su bestie morte da tempo! Draghi cattivi velenosi, loro qui per piccolo uomo straniero - riferì quindi Torben sottolineando poi ancora una volta il comportamento insoitamente aggressivo delle anatre" Luval rincalzò sul naso gli occhiali dalla montatura rotonda e rilesse a bassa voce i suoi appunti. Andava bene? Forse era stato troppo generico. Sì, doveva farsi puntiglio di trascrivere tutto il più accuratamente possibile se voleva che il suo trattato "De anatrarum eloquentia" fosse preso sul serio. Sedeva a un tavolo della sala principale della locanda. Torben sedeva di fronte a lui, osservandolo con espressione pacata e rigirando in mano un sacchetto di frittelle . Dalle finestre aperte arrivava la luce di un pomeriggio inoltrato. Luval levò lo sguardo dalle carte e lo lasciò vagare per la stanza in cerca di ispirazione. Fulton, il locandiere aveva un'espressione preoccupata. Torben interpretò la sua esitazione come una richiesta di chiarimenti e puntualizzò cosa lo aveva colpito maggiormente. Luval aveva tenuto il conto : era l'ottantaquattresima volta che lo ripeteva. Luval levò la penna e la intinse nel calamaio. era una penna d'oca, si era sentito in dovere di spiegare a Torben, non di un altro uccello e sporattutto non di anatra. Assolutamente non di anatra. Nessuna possibilità che fosse di anatra. Con uno svolazzo di remigante candida cancellò quanto aveva appena scritto e lo sostituì con : "-Grande Verde, pelle dura, parla con nero seduto su bestie morte da tempo! Draghi cattivi velenosi, loro qui per piccolo uomo straniero - disse il soggetto. - E mi ha beccato! - aggiunse più di una volta" Rilesse. Sì, parlare di "soggetto" piuttosto che di "Torben" aggiungeva il distacco che si addice a un vero studioso. E la frase circa la beccata stava meglio così, riferita direttamente, senza l'ambiguità del giro di parole che aveva usato prima. Non era soddisfatto. Torben pensava che il comportamento dell'anatra fosse importante, ma lo era davvero? Cosa avrebbero pensato i posteri? Forse avrebbe dovuto evitarlo del tutto e limitarsi a menzionare le frasi pronunciate dall'anatra. "-Grande Verde, pelle dura, parla con nero seduto su bestie morte da tempo! Draghi cattivi velenosi, loro qui per piccolo uomo straniero - disse il soggetto. " borbottò ancora a bassa voce . Pulì dall'inchiostro la penna d'oca. Inutile rischiare che si seccasse mentre lui rifletteva. L'inchiostro raggrumato l'avrebbe resa inutilizzabile e lo avrebbe costretto a prenderne un'altra dalla sua scorta. "-Grande Verde, pelle dura, parla con nero seduto su bestie morte da tempo! Draghi cattivi velenosi, loro qui per piccolo uomo straniero - disse il soggetto mostrando poi una sorprendente insistenza nel descrivere il comportamento dell'anatra che gli aveva riferito questo messaggio. " Luval considerò ancora a mezza voce questa possibile formulazione. Non lo convinceva. Aveva bisogno di un parere esterno. Attirò l'attenzione del locandiere con un cenno della mano. - Fulton, mi servirebbe una tua opinione. Il locandiere aggirò il bancone dietro cui si trovava e lo raggiunse. Aveva una strana espressione sul volto : le emozioni dei giorni precedenti avevano scosso parecchio della sua abituale compostezza. Sembrava desiderasse suggerire qualcosa e cercasse le parole che con meno probabilità avrebbero scatenato una catastrofe. - Sto scrivendo un trattato sul tuo amico Torben. Secondo te quale frase suonerebbe meglio? Fulton esitò. Aprì e richiuse la bocca un paio di volte. Poi rispose. - Lo sa, signor Luval, sospetto che uno studioso come lei non dovrebbe semplicemente rimanere qui, probabilmente dovrebbe andare fuori, all'aperto, a studiare le anatre nel loro ambiente naturale. Luval scartò immediatamente l'idea. - No, no, io sono un teorico, non uno sperimentale. Sento che la mia vocazione è qui, tranquillo nella locanda senza altre preoccupazioni che i miei libri. - Ecco, appunto, riguardo alle preoccupazioni... - riprese Fulton. Luval lo interruppe. Non aveva ancora finito. - E poi l'aperto è un posto orribile. Parlo per esperienza. Ci sono stato. Scomodo, talvolta piovoso... no,no, non fa per me, assolutamente. Piuttosto, mi porta un'altra tazza di te e una di quelle brioche per favore? - Si, ma riguardo alle preoccupazioni, quello che stavo dicendo è che non ho potuto fare a meno di sentire la vostra conversazione, involontariamente, beninteso. - Naturalmente - concesse Luval con un gesto benevolo della mano. - E mi ha colpito la parte circa i Draghi cattivi velenosi che vengono per il piccolo uomo straniero. - Sì - ammise Luval - è una frase interessante. - Certo, ma... - Sintatticamente imperfetta, questo è chiaro, ma ha una sua efficacia che credo si perderebbe se la riformassi secondo le più banali regole della grammatica. - Non lo metto in dubbio, però... - E poi sarebbe contrario all'etica che uno studioso come me deve seguire. - Non metto mai in discussione l'integrità di un cliente finchè paga regolarmente il conto, ma quello che volevo dire e che stiamo parlando di draghi che arrivano per un piccolo uomo straniero, e sarei molto più tranquillo se lei proseguisse i suoi studi all'aperto. Se segue la strada verso la montagna c'è un rialzo a un paio di chilometri da qui da cui si gode di una splendida vista. Sono certo che la sua ispirazione ne trarrebbe grandissimo giovamento. LUval rilesse la frase alla luce delle parole dell'uomo. - Vorrà mica dire che lo straniero cui i draghi danno la caccia... Il locandiere non rispose. Si limitò a indicare la sala che li ospitava. Il cartello "Pieno, non accettiamo altri clienti" prendeva polvere dietro il bancone. Luval non l'aveva mai visto esporre da quando era arrivato. In un angolo una donna dagli abiti eleganti si lamentava ad alta voce del servizio con una coppia di uomini ben piazzati che la accompagnavano. Gli uomini avevano l'aria pericolosa e portavano una spada al fianco. La sua scorta, con ogni probabilità. Non c'erano altri stranieri. Certamente nessuno che si potesse definire piccolo. Improvvisamente L'idea di andarsene diventò enormemente attraente. - Lo sa? Forse ha ragione. Mi farebbe bene uscire un po'. Magari visiterò quell'altura che mi ha suggerito. Si alzò. Raggiunse la porta. L'aprì. esitò per un istante. La richiuse. Tornò a sedersi. Il locandiere sembrava perplesso. - Ha cambiato idea? _ Ha presente quello che ha detto poco fa circa le preoccupazioni, Fulton? Il locandiere annuì - Beh, è troppo tardi. Entrambi rivolsero lo sguardo verso l'ingresso. La porta, una di solido legno stagionato esplose in una pioggia di schegge. Qualcosa di enorme e serpentino guizzò all'interno della stanza. Luval non perse tempo a guardarla. Era finito nei guai abbastanza spesso da sapere che quando una mostruosità squamosa irrompe nella stanza in cui ti trovi, la cosa migliore è andarsene da quella stanza il prima possibile. Raggiunse la finestra con un balzo. Il suo impeto venne parecchio sminuito quando si trovò di fronte una seconda creatura come la prima. Tornò indietro. Una coda verde saettò nel punto in cui si era trovato un attimo prima e si conficcò in una scultura di legno dipinto che ornava la parete (1). In un attimo la vernice che copriva la figura si sgretolò, arricciandosi e scoprendo un legno putrido e annerito. La statua cadde a terra e si sgretolò. Luval fece per rifugiarsi sotto il bancone. Fulton, che era già lì, afferrò il cartello "Pieno, non accettiamo altri clienti" e lo sistemò davanti a sè. Imprecando, Luval corse nel modo in cui si corre tradizionalmente in quste circostanze (2). Un grido alle sue spalle. Si voltò brevemente. La prima viverna lo stava raggiungendo, scaraventando via le panche massiccce e i tavoli nella sua corsa, spostandoli al suo passaggio nel modo in cui un uomo potrebbe scostare con noncuranza un rametto che lo ostacola correndo nel bosco. Uno dei soldati che aveva intravisto con la donna aveva provato a aggredire l'altra viverna. Adesso l'uomo penzolava dalla coda levata della bestia. Torben era ancora seduto al tavolo e mangiucchiava placidamente una frittella. Un'anatra era entrata dallo squarcio nella parete e sembrava osservare divertita la scena. Luval vide la viverna sollevare la coda e puntarla nella sua direzione. Disperatamente afferrò una sedia e la frappose tra sè e il pungiglione. Il colpo trapassò la sedia senza fatica. La coda della creatura sfiorò i capelli di Luval. Poi la coda si levò nuovamente arquandosi dietro la schiena della viverna e sollevando di peso Luval che era rimasto istintivamente afferrato allo schienale. Come un cane che cerca di mordersi la coda, così la viverna prese a roteare su sè stessa per azzannare Luval. Questi si trovò le zanne a pochi centimetri dal naso (3). Qualunque cosa mangiassero le viverne, non faceva bene all'alito. La seconda viverna si era sbarazzata del cadavere della sua vittima e si era avvicinata. Balzò. Luval si lasciò cadere e si trovò a cavallo della prima mentre l'altra sfondava la parete e irrompeva fragorosamente in cucina. Luval afferrò disperatamente con la mano sinistra le scaglie sul collo della sua strana cavalcatura. Vide a terra i suoi appunti e istintivamente li afferrò con la destra per timore che potessero rovinarsi in quel marasma. La viverna si impennò. Luval a cavallo di essa, tenendosi con la sinistra e sventolando con la destra quel mazzo di fogli -Aaargghhhh!
(1) La scultura e raffigurava un putto che reggeva una torcia. La suocera l'aveva regalata a Fulton anni prima e il locandiere si era sempre sentito costretto a tenerla in mostra malgrado il disgusto e l'ilarità che provocava in chiunque fosse munito di un minimo di buon gusto. In seguito, Fulton avrebbe detto che sbarazzarsi di quella statua quasi compensava tutte le grane di quel giorno. Quasi. (2) Non "verso" ma "da". (3) Che nel suo caso, naturalmente, rappresenta comunque una distanza considerevole dal resto del viso
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