Si narra che nel 1315 un potente nobile inglese durante uno scavo nel Cairo, ritrovò un’ antica stele egizia. Questa custodiva in sé la chiave di lettura degli “undici scritti” di Semerket, sacerdote del dio Horus, signore della luce.
L’uomo, tale Joseph Smith, passò gran parte della sua vita a decifrare i segni, che scoprì essere le indicazioni per raggiungere la Hat-hor, la casa del dio.
Quando ormai, vecchio e malato, l’uomo si rassegnò a non vedere mai quel luogo, scrisse un diario su come decifrare il resto delle tavole antiche. Le indicazioni per recuperare la stele che aveva nascosto, e i luoghi dove pensava si trovassero le ultime sei tavole del sacerdote, che unite alle cinque in suo possesso, avrebbero svelato il punto dove si trovava la Hat-hor.
L’uomo morì e con lui sparì il diario.
Anni dopo, una setta occulta venne a conoscenza della sua esistenza e intraprese una ricerca per riuscire a ritrovarlo.
Quando, nel 1375 l’antico diario fu portato nella sala del Maestro, l’antico segreto egizio sembrava destinato ad essere svelato….
Kaisergruft, la Cripta imperiale, Vienna - 1375
L’uomo camminava nervosamente davanti alla porta. Sentiva il brusio oltre la spessa porta di legno scuro. Era nervoso, ma soddisfatto. Un sorriso sardonico gli incurvava le labbra mentre rigirava lo scrigno tra le mani. Quanta fatica aveva fatto! Quanto tempo speso! Ma ne era valsa la pena. Quello che teneva fra le mani era la chiave di svolta nella gerarchia. Non sarebbe stato più un semplice “fratello”. Era il momento di chiedere di più.
Il rumore dell’imponente porta che si apriva lo destò dai suoi pensieri. Lesto, si infilò il cappuccio bianco sulla testa ed entrò nella grande sala. C’era stato solo una volta. Ormai, tre anni addietro, quando aveva ricevuto l’incarico per la missione. E ora vi rientrava da vincitore.
Si fermò, tendendo davanti a sé lo scrigno nero, a pochi passi dall’altare .
Il Grande Maestro, nella sua tunica rosso amaranto, si ergeva dietro di esso, rivoltò alle statue che troneggiavano nella cripta.
“E’ ciò che penso?” chiese senza voltarsi.
L’uomo annuì.
“Si, Maestro”.
Al cenno di un Illuminato, depose lo scrigno aperto sull’altare. Fece alcuni passi indietro e chinò il capo come consuetudine.
“Bene” lo sentì sussurrare.
Sorrise nuovamente sotto il cappuccio. Era felice di ciò che aveva fatto. Compiacere il Gran Maestro era un onore e un privilegio. Qualcosa che l’avrebbe fatto salire su per la Piramide Gerarchica.
“Hai svolto il tuo compito” gli disse
“Ora va” .
L’uomo trasalì un attimo a quell’affermazione, ma subito annuì e si voltò verso l’uscita.
“Sarai ricompensato” gli assicurò uno dei quattro Illuminati
“Il Maestro non dimentica i suoi figli”.L’uomo si richiuse la porta alle spalle senza replicare. Sospirò. Ormai era fatta. Ora doveva solo aspettare il suo tornaconto.
Londra
Correva. Ormai quella notte non aveva cacciato nient’altro. Voleva solo lei. Ne assaporava l’aroma della paura. Cercava di sfuggirle, ma non poteva. Nessuno mai c’era riuscito. Ormai voleva lei. Era la sua preda. La sua prossima vittima. Per quella notte voleva solo il suo sangue. Voleva cibarsi delle sue carni. L’antica fame demoniaca si era nuovamente ridestata e non se n’era nemmeno accorta. L’adrenalina la dominava. Ormai i suoi balzi da un ramo all’altro erano simili a quelli di una fiera. Un predatore. Ecco cos’era. Assetato di sangue. Voleva solo lei. E l’avrebbe avuta. L’avrebbe presa, saggiando il suo odore. Inebriandosi del suo terrore. Gustando il suo sangue. Addentando la sua carne. No, quella notte non l’avrebbe lasciata scappare. Era sua. Non poteva più fuggire.
Ad un tratto un rumore. Un fuggevole ricordo di déjà vu, ma fu un lampo che non riuscì a catturare. Si perse nel turbinio dei suoi mille pensieri ansiosi. La vide. A terra. Era inciampata nella radice di un albero. Fin troppo banale, pensò in un ghigno.
Un rapido balzo e fu ai suoi piedi. Si erse sospingendo il mantello alle spalle.
“Ormai è finita” le disse in un sibilo.
La fanciulla dai capelli rossi continuava a tenere il viso basso, nascosto dalle chiome lisce.
“Voltati” le intimò
“Non hai paura? Guarda la morte in faccia”.
Lei rimase distesa, il viso testardamente basso e nascosto alla sua vista.
Ormai non poteva più aspettare. Aveva desiderato troppo quel momento. Si abbassò ad afferrarle una caviglia nuda e la strinse con forza. Le unghie entrarono nella pelle e si macchiarono di sangue. Sorrise compiaciuta.
“Allora morirai senza capire!” le urlò contro, tirandola a sé e afferrandole le spalle, pronta ad affondare i canini nel suo candido collo.
Ma la fanciulla si voltò di scattò e le piantò un lungo pugnale nel fianco sinistro. L’urlo della creatura fu assordante. La scaraventò lontano da sé e si afferrò il fianco, ansante.
Alzò piano lo sguardo e la vide in piedi, le mani al petto. Stringeva il suo Ankh.
“E’ mio” sussurrò appena.
La fanciulla lo strinse ancora di più, per poi voltarsi e sparire tra gli alberi fitti.
“E’ mio…mio….MIOOOOO!!!” gridò furiosa, allungando la mano destra davanti a sé
“PICCOLA LADRA RIDAMMELO!”.
Si accasciò sul letto erboso del bosco e strinse gli occhi per il dolore e l’ira.
Il rumore di un vetro infranto la fece sobbalzare. Si sedette sul letto guardandosi intorno un po’ spaesata. Davanti a sé prendeva forma la camera della locanda dove si era fermata due giorni prima. Guardò fuori dalla finestra e vide la luna alta nel cielo.
Sospirò passandosi l’avambraccio sulla fronte madida di sudore.
“Ancora quel sogno…” sussurrò alla stanza vuota.
Portò la mano sotto la camicia bianca dove subito trovò la forma della croce di Seth.
Scese dal letto e si avvicinò al vetro. Stranamente c’era una crepa, ma non era rotto come aveva creduto. Toccò appena il taglio con un dito.
Rapidamente recuperò i vestiti e li indossò. Non era tempo di perdersi in quegli interrogativi. Era momento di mangiare. Doveva andare a caccia. Una caccia vera, stavolta.
Edited by .edea. - 12/12/2006, 15:31