Il Cavaliere Nero e la Setta dei Dannati

« Older   Newer »
  Share  
.edea.
view post Posted on 12/12/2006, 13:36




Si narra che nel 1315 un potente nobile inglese durante uno scavo nel Cairo, ritrovò un’ antica stele egizia. Questa custodiva in sé la chiave di lettura degli “undici scritti” di Semerket, sacerdote del dio Horus, signore della luce.
L’uomo, tale Joseph Smith, passò gran parte della sua vita a decifrare i segni, che scoprì essere le indicazioni per raggiungere la Hat-hor, la casa del dio.
Quando ormai, vecchio e malato, l’uomo si rassegnò a non vedere mai quel luogo, scrisse un diario su come decifrare il resto delle tavole antiche. Le indicazioni per recuperare la stele che aveva nascosto, e i luoghi dove pensava si trovassero le ultime sei tavole del sacerdote, che unite alle cinque in suo possesso, avrebbero svelato il punto dove si trovava la Hat-hor.
L’uomo morì e con lui sparì il diario.
Anni dopo, una setta occulta venne a conoscenza della sua esistenza e intraprese una ricerca per riuscire a ritrovarlo.
Quando, nel 1375 l’antico diario fu portato nella sala del Maestro, l’antico segreto egizio sembrava destinato ad essere svelato….



Kaisergruft, la Cripta imperiale, Vienna - 1375



L’uomo camminava nervosamente davanti alla porta. Sentiva il brusio oltre la spessa porta di legno scuro. Era nervoso, ma soddisfatto. Un sorriso sardonico gli incurvava le labbra mentre rigirava lo scrigno tra le mani. Quanta fatica aveva fatto! Quanto tempo speso! Ma ne era valsa la pena. Quello che teneva fra le mani era la chiave di svolta nella gerarchia. Non sarebbe stato più un semplice “fratello”. Era il momento di chiedere di più.
Il rumore dell’imponente porta che si apriva lo destò dai suoi pensieri. Lesto, si infilò il cappuccio bianco sulla testa ed entrò nella grande sala. C’era stato solo una volta. Ormai, tre anni addietro, quando aveva ricevuto l’incarico per la missione. E ora vi rientrava da vincitore.
Si fermò, tendendo davanti a sé lo scrigno nero, a pochi passi dall’altare .
Il Grande Maestro, nella sua tunica rosso amaranto, si ergeva dietro di esso, rivoltò alle statue che troneggiavano nella cripta.
“E’ ciò che penso?” chiese senza voltarsi.
L’uomo annuì. “Si, Maestro”.
Al cenno di un Illuminato, depose lo scrigno aperto sull’altare. Fece alcuni passi indietro e chinò il capo come consuetudine.
“Bene” lo sentì sussurrare.
Sorrise nuovamente sotto il cappuccio. Era felice di ciò che aveva fatto. Compiacere il Gran Maestro era un onore e un privilegio. Qualcosa che l’avrebbe fatto salire su per la Piramide Gerarchica.
“Hai svolto il tuo compito” gli disse “Ora va” .
L’uomo trasalì un attimo a quell’affermazione, ma subito annuì e si voltò verso l’uscita.
“Sarai ricompensato” gli assicurò uno dei quattro Illuminati “Il Maestro non dimentica i suoi figli”.
L’uomo si richiuse la porta alle spalle senza replicare. Sospirò. Ormai era fatta. Ora doveva solo aspettare il suo tornaconto.

Londra


Correva. Ormai quella notte non aveva cacciato nient’altro. Voleva solo lei. Ne assaporava l’aroma della paura. Cercava di sfuggirle, ma non poteva. Nessuno mai c’era riuscito. Ormai voleva lei. Era la sua preda. La sua prossima vittima. Per quella notte voleva solo il suo sangue. Voleva cibarsi delle sue carni. L’antica fame demoniaca si era nuovamente ridestata e non se n’era nemmeno accorta. L’adrenalina la dominava. Ormai i suoi balzi da un ramo all’altro erano simili a quelli di una fiera. Un predatore. Ecco cos’era. Assetato di sangue. Voleva solo lei. E l’avrebbe avuta. L’avrebbe presa, saggiando il suo odore. Inebriandosi del suo terrore. Gustando il suo sangue. Addentando la sua carne. No, quella notte non l’avrebbe lasciata scappare. Era sua. Non poteva più fuggire.
Ad un tratto un rumore. Un fuggevole ricordo di déjà vu, ma fu un lampo che non riuscì a catturare. Si perse nel turbinio dei suoi mille pensieri ansiosi. La vide. A terra. Era inciampata nella radice di un albero. Fin troppo banale, pensò in un ghigno.
Un rapido balzo e fu ai suoi piedi. Si erse sospingendo il mantello alle spalle.
“Ormai è finita” le disse in un sibilo.
La fanciulla dai capelli rossi continuava a tenere il viso basso, nascosto dalle chiome lisce.
“Voltati” le intimò “Non hai paura? Guarda la morte in faccia”.
Lei rimase distesa, il viso testardamente basso e nascosto alla sua vista.
Ormai non poteva più aspettare. Aveva desiderato troppo quel momento. Si abbassò ad afferrarle una caviglia nuda e la strinse con forza. Le unghie entrarono nella pelle e si macchiarono di sangue. Sorrise compiaciuta.
“Allora morirai senza capire!” le urlò contro, tirandola a sé e afferrandole le spalle, pronta ad affondare i canini nel suo candido collo.
Ma la fanciulla si voltò di scattò e le piantò un lungo pugnale nel fianco sinistro. L’urlo della creatura fu assordante. La scaraventò lontano da sé e si afferrò il fianco, ansante.
Alzò piano lo sguardo e la vide in piedi, le mani al petto. Stringeva il suo Ankh.
“E’ mio” sussurrò appena.
La fanciulla lo strinse ancora di più, per poi voltarsi e sparire tra gli alberi fitti.
“E’ mio…mio….MIOOOOO!!!” gridò furiosa, allungando la mano destra davanti a sé “PICCOLA LADRA RIDAMMELO!”.
Si accasciò sul letto erboso del bosco e strinse gli occhi per il dolore e l’ira.
Il rumore di un vetro infranto la fece sobbalzare. Si sedette sul letto guardandosi intorno un po’ spaesata. Davanti a sé prendeva forma la camera della locanda dove si era fermata due giorni prima. Guardò fuori dalla finestra e vide la luna alta nel cielo.
Sospirò passandosi l’avambraccio sulla fronte madida di sudore.
“Ancora quel sogno…” sussurrò alla stanza vuota.
Portò la mano sotto la camicia bianca dove subito trovò la forma della croce di Seth.
Scese dal letto e si avvicinò al vetro. Stranamente c’era una crepa, ma non era rotto come aveva creduto. Toccò appena il taglio con un dito.
Rapidamente recuperò i vestiti e li indossò. Non era tempo di perdersi in quegli interrogativi. Era momento di mangiare. Doveva andare a caccia. Una caccia vera, stavolta.

Edited by .edea. - 12/12/2006, 15:31
 
Top
VyTheOwl
view post Posted on 5/1/2007, 22:47




Il grosso gatto trotterellava silenzioso per le strade buie della città... faceva freddo, ed il selciato era umido di quell'incessante pioggerellina fine ed insistente che da giorni cadeva sulle case di pietra e legno, sull'acqua scura e torbida del grande fiume, sui ponti e sulle torri illuminate da fiaccole. Piccole gocce bagnavano la folta pelliccia nera del felino, mentre gli occhi cangianti osservavano distratti l'andirivieni di uomini, perlopiù ubriachi, che tornavano a casa dopo una sera di vacui bagordi affollati di risa e voci dal suono volgare.
Invisibile... il quadrupede era perfettamente invisibile ai loro sguardi distratti, confuso tra le ombre della notte appena interrotte dalla luce fioca di fumose lampade ad olio. Ogni tanto, il rumore di ruote cigolanti e di zoccoli di cavalli emergeva dalla nebbia della notte per sparirvi di nuovo, come inghiottito da pareti di silenzio irreale.
"Umani!"
Il muso intelligente dell'animale si contrasse appena in una smorfia che poteva sembrare il vago accenno d'una risata inespressa e beffarda... conosceva bene gli Umani, conosceva il loro odore ed il loro affannarsi sull'unica prospettiva del reale concessa ai loro occhi quasi ciechi ed ai loro sensi atrofizzati; conosceva le carezze di mani morbide di fanciulle dalla pelle ambrata, abbronzata dal Sole dei luoghi in cui era nato, conosceva l'aroma di spezie ed il fruscio delle vesti di seta, la puzza della birra rancida e delle latrine.
All'angolo di una via, un cane ispido e denutrito gli abbaiò contro, digrignando i denti marci ed investendolo con l'odore ripugnante della rogna... il felino rallentò appena, limitandosi a fissarlo con uno sguardo glaciale che parlava eloquentemente di morte: il botolo spelacchiato indietreggiò, uggiolando.
Senza trarre alcun piacere da quella piccola vittoria, il grosso gatto continuò la sua esplorazione notturna tra i vicoli bui di quella che, secoli prima, uomini del Sud agli ordini dell'Imperatore Claudio avevano battezzato Londinium.
 
Top
[aBsinTHe]
view post Posted on 10/1/2007, 00:56




Suoni. Nient’altro. Rumori immersi nel silenzio della notte. Vagavano nell’oscurità, si confondevano, sembravano inseguirsi per brevi tratti, si disperdevano, tornavano nel silenzio. Il fruscio discreto della brezza che cercava di insinuarsi tra i vicoli. Acqua che corre, un fiume in lontananza. Un’insegna cigolante, una porta malferma sui suoi cardini che veniva chiusa. Sussurri, un coro ovattato di risate, il vagito di un neonato. In un gioco che sembrava perfetto, nella sua assoluta casualità. La vita che pian piano andava assopendosi. Melodia.

E punte fredde. Rade, leggere e silenziose, tracciavano insicure i lineamenti del viso, poche scendevano fino al collo. Piacevoli, piccole carezze di ghiaccio. E solo una, osò insinuarsi lungo la schiena. Un leggero brivido, incapace d’infastidirla.
Il profumo. Nessuno ci faceva mai caso, eppure c’era. L’aria umida lo spingeva, lieve, i polmoni se ne riempivano, e i sensi lo riconoscevano familiare. Terra, pietra e legno, acqua, stracci e persone. Tante, gremivano strade e vicoli. Ed era possibile percepire la loro presenza anche ora che nessuna calzatura preziosa, sandalo scollato o piede nudo di fanciullo risuonava sul selciato, e che le voci non si rincorrevano tra le case.

Aprì gli occhi: immagini avvolte in una pallida luce. Seguì i candidi raggi lunari che disegnavano con tocco morbido i contorni di case, finestre sprangate, e vie, quasi reticenti a strappar via le forme, a farle emergere dal buio in cui giacevano pacifiche.
Ma lei non aveva certo bisogno del loro aiuto per indovinarle. Aveva ripercorso quei vicoli mille volte durante il suo viaggio, ad occhi chiusi: suoni antichi, immagini. Ed ora eccole: non identiche, non potevano esserlo, ma ogni angolo sembrava richiamare ciò che era stato, ogni particolare sembrava raccontare luci di ieri. Erano lì, di fronte a lei, sorte dalla sua stessa memoria.

Un gesto involontario, l’angolo della bocca che si confondeva, nella penombra, in un accenno di sorriso.
Forse non casa, forse mai rifugio. Ma le apparteneva.

Edited by [aBsinTHe] - 10/1/2007, 15:05
 
Top
.edea.
view post Posted on 10/1/2007, 10:37




La donna si aggirava silenziosa tra i vicoli bui della periferia. Sentiva le solite voci sfumate in lontananza. Il commercio si svolgeva a qualunque ora del giorno, ma la cosa non la sfiorava minimamente. Avanzava lentamente, il passo felpato, quasi da felino. Una lieve pioggerellina insistente cadeva sugli edifici, bagnando il grigio ormai divorato dal nero della notte avanzata.
Si fermò alla fine di un viottolo. Il cappuccio che portava per ripararsi dalle finissime gocce d’acqua, le oscurava quasi totalmente il volto. Gli occhi vagavano, coperti dall’ombra dell’indumento, lungo le pietre irregolari che ricoprivano la strada davanti a sé. La locanda dove avrebbe dovuto essere prima dell’alba, era nei paraggi. Pochi minuti e ci si sarebbe diretta, ma prima voleva vagare nella notte ancora un po’. Si appoggiò al muro alla sua destra e sospirò lentamente. Si era nutrita da poco più di un’ora eppure si sentiva debole. Erano anni che non le capitava. Anzi, forse secoli.
 
Top
Freccia Sinuosa
view post Posted on 25/1/2007, 20:16




Un salto. Poi un altro. Un leggero fruscìo trapassava il silenzio. Era da tanto tempo che saltava da un tetto all'altro di Londra per sfuggire a quella razza di umani che, ignoranti e paurosi com'erano, cercavano di ucciderla da anni. Ma, si sapeva, gli umani sono la razza più testarda di tutte. E lei aveva anche sangue umano nelle vene.
Quel maledetto sangue umano, che la indeboliva e la allontanava dai demoni. E quel sangue demoniaco, che le dava forza e la allontanava dagli umani. Era per questo che loro volevano ucciderla. Avevano paura di lei, delle sue strane orecchie, dei suo artigli. Lei sapeva che, se avesse voluto, avrebbe potuto fare a pezzi chiunque. E lo sapevano anche loro. Ma non demordevano. La sua veste rossa spiccava vivace nella notte, nonostante la fine pioggia incessante. Ma il suo movimento era troppo svelto per essere individuata dal rossore della veste.
Un altro salto ancora. E si fermò. Gli artigli ticchettarono leggermente sul legno che costituiva parte del tetto, per il resto coperto di paglia ingiallita che odorava di campo, di fiori, di natura. Lei quell'odore lo sentiva forte e acuto, sovrastava il puzzo della birra, della rogna, delle latrine, l'odore di Londra. E quell'odore le piaceva. Le ricordava la sua casa natale. Le sue riflessioni furono bruscamente interrotte da un urlo. Le orecchie da cane si tesero in ascolto, lei era pronta a una rapida fuga. Quello che inizialmente le era parso un urlo di allarme, era in verità un urlo di rabbia, di un litigio.
Con grande disappunto lei scoprì di essere sul tetto di una locanda, "Il mozzo ubriaco". Erano probabilmente due ubriachi che cercavano di darsene di santa ragione. Tsk, e io che mi ero allarmata... pensò lei, disprezzando quell'umano. Un altro urlo trapassò la notte. Stavolta era un vero allarme. Il trillìo fin troppo familiare del campanello della polizia le giunse all'orecchio, e sentì forte l'odore della polvere da sparo, che superò ogni altro odore. Il suo istinto naturale era quello di scappare. In nome del Cane, che l'inseguimento inizi! pensò lei sogghignando. E saltò. I capelli argentati rifulsero in una luce che non c'era. Un salto. Un altro. E un altro ancora. Ma i poliziotti le stavano dietro a cavallo, per quanto potevano. Forse avevano capito che di soprannaturale non aveva solo l'aspetto...finora l'avevano sempre inseguita a piedi, e lei li aveva seminati facilmente, come una lepre contro una lumaca. E con i cavalli era la stessa storia. Per quanto le povere bestie corressero dando il meglio di loro, non riuscivano a superarla, i loro sforzi erano vani. Ben presto lei se li lasciò alle spalle, e dopo qualche tentativo di ricerca, il trillo cessò.
 
Top
.edea.
view post Posted on 30/1/2007, 23:08




A 2 km da Londra



Quattro uomini parlavano all’entrata di una piccola grotta. Due reggevano una lanterna accesa. La tenue luce del fuoco illuminava le loro lunghe tuniche nere.
“Ci siamo quasi” disse uno dei quattro, spostandosi verso una roccia vulcanica. La luce della lanterna dell’uomo più vicino a lui, illuminò l’oggetto d’oro che teneva tra le mani.
“All’alba si risveglierà?” chiese quello più indietro.
“Secondo Andros” gli rispose senza voltarsi.
Un piccolo scintillio fece indietreggiare i tre uomini, mentre il quarto gettò l’oggetto nell’antro della grotta. Dopo un tenue bagliore, il buio lo avvolse.
Dei passi nella polvere li fecero voltare di scatto.
“E’ ora di andare” disse l’uomo ai tre, che annuirono dirigendosi ai cavalli poco distanti. Furono subito in sella e sparirono velocemente, mentre i passi si avvicinavano alla grotta.
Una bambina dai lunghi capelli neri si fermò dove si trovavano gli uomini poco prima. Avvertì appena il rumore del galoppo dei cavalli che si allontanavano. Un debole luccichio la fece voltare verso la grotta.
Voleva tornare indietro, ma quella luce sembrava chiamarla. A passi esitanti si diresse verso quel punto finché non vide un gioiello verde incastonato in un cerchietto d’oro. Lo prese tra le mani e sorrise.
“Uao!” esclamò contenta “La mamma sarà felice! Chissà quando vale!”.
La voce del padre che l’aveva inseguita fin lì dalla città, la fece sussultare.
“Sarà sicuramente arrabbiato” si disse preoccupata. Aveva lasciato la sua mano ed era fuggita perché stanca di dovergli sempre tenere la mano quando uscivano di sera. Lei era grande ormai, voleva essere più libera!
Strinse il gioiello più forte nella mano sinistra mentre la voce del padre proveniva dall’entrata della grotta.
“Ti ho trovata piccola peste!” esclamò furente "Che ti è saltato in mente?! Poteva succederti qualcosa, sai come sono i tempi ultimamente”.
“Me lo ripeti sempre” gli rispose.
“Non abbastanza se fai ancora questa cose” la rimbrottò lui, tendendole la mano perché lo raggiungesse.
La ragazzina sospirò e si rassegnò a seguire il padre.
Si era completamente dimenticata del gioiello e non si era accorta che non lo reggeva nella mano sinistra, ma sembrava le si fosse fuso nel palmo.

Londra – periferia



Era notte fonda ormai. La donna decise di ritornare alla locanda. Mancava appena un’ora all’alba e lei non doveva farsi sorprendere dalla luce. Fece un passo, ma si fermò subito. Delle grida provenivano da poco distante al punto in cui si trovava. Solitamente non s’interessava alle grida umana. In quella città sovente accadevano incidenti, litigi o zuffe tra ubriachi. Però quella notte era strana. Prima dei trilli in lontananza, un leggero odore di demone, ed ora quella urla.
Dandosi della stupida, si diresse verso il punto da dove provenivano. Più si avvicinava e più chiare divenivano. Grida di un uomo. Una richiesta di aiuto.
La donna scattò rapida e coprì in pochi secondi la distanza che la separava dall’uomo.
Si ritrovò in una piccola piazza, all’estrema periferia ovest della città. L’uomo, che continuava ad urlare, era chino e le dava le spalle. Ogni tanto alzava la testa guardandosi intorno e chiedendo aiuto.
Fece un passo, tenendo ancora il cappuccio sul volto. Appena l’uomo la vide, spaventato le tesa una mano.
“Grazie a Dio, qualcuno mi aiuta!” le disse “Vi prego, aiutatemi…mia figlia…” .
Si alzò spostandosi leggermente ed ella riuscì a scorgerla. Una ragazzina, appena dodicenne, inginocchiata e con la testa china. I lunghi capelli neri le coprivano il viso ricadendole sulle gambe che teneva piegate sotto di sé.
“Non so che abbia” continuò l’uomo “Ha urlato ed è caduta a terra ed ora si tiene una mano”
“Una mano?” gli rispose “E’ ferita?”.
“Non era ferita quando l'ho trovata nella grotta….vi prego… aiutatela!”.
La donna non aveva capito bene cosa stesse succedendo (era anzi tentata di andarsene), ma prima ancora di pensarlo, si incamminò verso i due.
Si fermò poco distante da loro quando scorse tra le ciocche dei capelli della ragazzina un luccichio. Fece appena un passo indietro quando un tentacolo rosso le sbucò tra i capelli lanciandosi contro di lei.
Saltò subito indietro mettendosi fuori dalla sua portata. L’uomo gridò terrorizzato cadendo all’indietro per lo spavento.
“Cos’è?!” urlò “Cos’ha mia figlia?!”.
“E io come faccio a saperlo” rispose in un sussurro, mentre portava la mano all’elsa della spada.
“Umani…mai fidarsi…”
 
Top
Freccia Sinuosa
view post Posted on 4/2/2007, 22:03




La notte stava lentamente passando, ben presto i primi raggi di sole avrebbero timidamente illuminato la città perforando le nubi notturne. Lei non temeva la luce, anzi l'apprezzava: era la sua salvezza nelle notti di novilunio, in cui lei perdeva i poteri demoniaci e spesso si cacciava nei guai, in un modo o nell'altro. Dopo l'inseguimento, si sentiva stanca, e saltò giù dal tetto su cui poggiava. Atterò in un fetido vicolo puzzolente. Si trovava vicino a una piccola piazza, a ovest di Londra. Un malridotto randagio la guardò scodinzolando con curiosità. Il corpo magro e scarno era spellacchiato, pareva malato di rogna da parecchio tempo. Forse riconosceva la sua natura canina della mezzodemone. Lei lo ignorò, e i suoi contorni si fecero sfocati e nebulosi, e il suo corpo semiumano lasciò il posto a un cane di grossa taglia, dal pelo argentato come la sua chioma e gli occhi d'oro restati immutati. Una luna calante era impressa sulla fronte dell'animale, come inciso a fuoco. In quella forma aveva ancora perfetto controllo di sé. Il cagnaccio randagio, spaventato dalla sua stazza, fuggì via guaendo e con la coda tra le zampe. Lei si accoccolò e chiuse gli occhi, pigramente, e si assopì. Ma poco dopo fu svegliata da un urlo di dolore. Seccata, si alzò sulle zampe e guardò verso la direzione da cui il grido proveniva. Una ragazzina dai capelli corvini era caduta, urlando e stringendosi la mano sinistra. L'uomo che era con lei gridò a sua volta, chinandosi su quella che presumibilmente era sua figlia. Poco dopo giunse una donna, incappucciata, richiamata dall'urlo. La mezzodemone la fissò sospettosa: percepiva in lei una grande forza, soprannaturale, ben superiore a quella del vampiro. Un tentacolo rosso sbucò tra i capelli della ragazzina quando la donna si avvicinò, e lei lo evitò slanciandosi indietro. La mezzodemone rizzò il muso annusando l'aria. Sentiva odore di metallo provenire dalla giovane. Un metallo prezioso, ma non normale, dall'odore pareva magico e nient'affatto innocuo. Trotterellò leggera verso la ragazzina, cautamente, ignorando gli sguardi dell'uomo e della donna.
Più si avvicinava, più l'odore si faceva acuto. Proveniva dal palmo sinistro della ragazza, era sicura.
Era a meno di un metro di distanza quando un secondo tentacolo sbucò dalla testa della ragazzina. Era troppo vicina per evitarlo. Appena fu a portata, azzannò il braccio rosso che saettava verso di lei, recidendolo di netto. Ma era come non fosse successo niente.
 
Top
VyTheOwl
view post Posted on 12/4/2007, 11:11




Odori. Quella notte era satura di odori, ed il grosso gatto se ne rese conto in un'esplosione fastidiosa di consapevolezza percettiva: non i soliti, conosciuti odori comuni a tutte le città del mondo... non il puzzo delle latrine, delle assi di legno marce, degli organismi in decomposizione, dei residui di cibo e bevande. Odori che richiamavano la possibilità di esistenza di un mondo oltre il consueto ed il visibile, affondato nelle nebbie del tempo, dell'orrore e degli abissi d'oblio.
Conosceva quell'odore, l'aveva riconosciuto come solo una strana creatura come lui avrebbe potuto fare; l'aveva già sentito, ed ogni volta aveva accompagnato il sospiro della Morte e le mani della Sventura. Silenzioso, si fermò all'angolo di una via, al riparo di una botte sfondata e vuota...
"demoni!"
E così rimase in attesa, confuso tra le ombre della notte.
 
Top
.edea.
view post Posted on 13/4/2007, 15:22




Edea guardò il grosso cane grigio che le stava a qualche metro di distanza. Chissà cosa ci faceva lì, si chiese. Poi percepì qualcosa. Un'energia. Un'energia molto diversa da quella di un comune essere. Era soprannaturale. Quasi demoniaca.
"Non può essere..." si disse sottovoce, osservandolo con attenzione.
Ma non ebbe il tempo di studiarlo bene. Il tentacolo rosso che poco prima aveva schivato, si diresse nuovamente verso di lei, che stavolta non si mosse. La donna impugnò semplicemente l'elsa dell'arma che le pendeva lungo il fianco destro, estrasse la lunga lama argentata simile ad un fioretto, e recise di netto l'escrescenza vermiglia.
L'uomo sdraiato accando alla ragazzina, che continuava a stare seduta a terra con la testa piegata, le si buttò letteralmente addosso, tenendola stretta. Gridava. Urlava disperato il nome della figlia.
La donna la osservava. Percepiva un potere oscura in quella bambina. Non c'era più nulla di umano in lei. Infatti, non appena l'uomo la cinse forte, tra i suoi capelli neri, sbucarono altri due tentacoli, muniti d'artiglio, che recisero la gola di entrambi.
L'uomo crollò a terra ansante, mentre il suo sangue fluiva sui vestiti scarni che indossava. La ragazzina, al contrario, urlò dal dolore prima di accasciarsi al suolo.
Edea fece appena qualche passo verso i due. Il primo respirava a fatica, lo sguardo fisso sulla figlia, che ormai non respirava più.
Scosse la testa, ma non parlò. L'uomo le rivolse un fugace sguardo, prima di spegnersi spostando gli occhi al cielo.
Edea rimase immobile chinata accanto ai due corpi. Mille domande cominciarono a vorticarle nella mente. Mentre rifletteva cercando il filo d'arianna di tutta quella faccenda, un luccichio rosso attirò la sua attenzione. Cosa poteva mai essere?
 
Top
VyTheOwl
view post Posted on 13/4/2007, 16:38




Il gatto rimase immobile, confuso tra le ombre della via, osservando senza emettere alcun suono... persino il suo respiro sembrava essersi fermato, interrotto da una concentrazione estrema e disciplinata... il gatto, l'essere che viveva sotto le sembianze di un grosso ed innocuo gatto scuro, aveva intuito qualcosa di ciò che accadeva. Aveva percepito, riconosciuto quella donna nonostante i suoi lineamenti avessero poco in comune con quelli che, qualche secolo prima, aveva visto.
"Simile, eppure... no, non una donna: Edea, il Demone Vampiro"
Una smorfia simile ad un vago sorriso passò sul volto felino...
"Non avrà dimenticato il piccolo scherzo che le riservai ai tempi della Regina..."
pensò tra sè
"Ma tutto sommato, può darsi che le abbia salvato la vita, impedendole di seguire il Gufo"
...decise di uscire dal suo nascondiglio di tenebra, incuriosito. La presenza di quella creatura di forma canina lo turbava: in qualche modo, sembrava anch'essa legata, se non ad Edea, almeno alla sua stirpe. Lentamente, con passo felpato, entrò nel debole cerchio di luce che una lanterna proiettava sul selciato... con i sensi tesi allo spasimo ed i muscoli felini pronti a scattare nella più rapida delle fughe.
 
Top
Freccia Sinuosa
view post Posted on 13/4/2007, 19:56




La mezzodemone fissò con più attenzione la bambina. Adesso che era morta le sembrava così innocente, così innocua. Ma solo nell'aspetto...infatti nella piccola era svanito ogni sentore umano. Adesso, mescolato a quello strano odore di metallo, si sentiva un altro odore, lievissimo, completamente sconosciuto.
Poi vide il luccichìo rosso...Strano, a Londra non c'è praticamente niente di rosso, a parte il sangue che fin troppo spesso macchia la pietra...e la mia veste. pensò allarmata e inquieta.
Si avvicinò cautamente alla provenienza del brillìo, il palmo sinistro della ragazzina morta.
Ma fu interrotta dall'arrivo di un grosso gatto scuro.
Lo fissò sospettosa, e per un attimo la luna sulla fronte del cane fu ben visibile.
Il felino non emanava l'odore di un gatto qualunque, comune, senza poteri; ma quello di un gatto potente, magico. Un gatto mannaro.
Il pelo argentato del cane si drizzò a ondate, e il suo corpo rabbrividì, in tensione, pronti ad uno scatto...che fosse di difesa o di offesa. Le orecchie appuntite erano tese a cogliere ogni suono, seppur piccolo, il naso umido vibrante per sentire gli odori, le labbra appena rialzate sulle zanne splendenti. Un basso brontolìo d'avvertimento le risuonò tra le corde vocali.
Bah! pensò la mezzodemone contrariata Oggi succede di tutto: prima quella donna, poi la bambinetta e ora questo gatto.
Trotterellò cautamente in direzione del gatto mannaro: sapeva che erano creature elusive, intelligenti e misteriose, ai margini delle leggende più antiche.
Credevo che i gatti mannari fossero completamente estinti... pensò la mezzodemone, continuando ad avanzare cauta.
 
Top
[aBsinTHe]
view post Posted on 14/4/2007, 00:24




"E' il nome di una locanda. Sapete dirmi dove si trova?"
L'uomo abbassò pigramente lo sguardo sul foglietto, poi, tornò a squadrare i lineamenti della giovane, un'ombra di diffidenza dipinta sul volto.

"Certo"
Colori, e il profumo della frutta nelle casse. Le prime luci che precedevano il mattino, botteghe che si aprivano, la gente che iniziava a popolare le strade, ad avvicinarsi alle prime bancarelle non ancora del tutto allestite.

"Tutti lo conoscono da queste parti. Un vicolo, oltre la piazzetta"
Era chiaro che i modi di fare e l'abbigliamento della strana donna l'avevano messo all'erta. A quanto pare la sua esperienza da popolano era abituata a riconoscere al primo sguardo le persone con cui aveva a che fare. Gente del popolo, signori, mercanti, furfanti.. e quella ragazza?
Poi, perchè aveva dovuto fermarsi proprio da lui? Non gli andava che la gente lo vedesse parlare con quella figura ammantata.
Allontanarla? ..in fondo, era solo una giovane.

Altro sguardo inquisitore.
Lei, quasi divertita, ne leggeva le espressioni e i gesti. Un codice che aveva imparato già da tempo a codificare.

"Ma non le conviene andare da quelle parti"
Senza abbandonare la simulata noncuranza, quasi a cercar di celare la stranezza di quella frase.
"..prego?"
"Voci. Sa com'è, la gente parla. Stamane.."
"A cosa si riferisce?"
"nulla. Cosa vuole che succeda, in una città come questa.."
"..di cosa parla la gente?"
"sciocchezze, dicerie che girano. Ultimamente si sentono parecchie voci, ma nulla più."
La voce dell'uomo, prima affabile, si spense in un mormorio molto simile ad un ringhio.

Silenzio. Fu la voce della ragazza a romperlo, con un tono moto simile a quello che si usa con un bambino fin troppo capriccioso "..e la strada per la piazzetta?" "Sapreste indicarmela?"
Un mormorio incomprensibile e un gesto stizzito, ma nessuna risposta. La stava ignorando?

"..mi scusi.." un giovane garzone le passò oltre. E così una vecchia portinaia.
..paura?
E non per qualcosa di nuovo.. nell'aria, nascosto, stagnante, c'era un velo di circospezione e disagio. In frasi, sguardi.. Non l'aveva notato, prima, eppure era evidente..

Si sentì tirare una manica: una leggera richiesta di attenzione, e una manina paffuta, ad indicare una via ampia.
Nemmeno il tempo di pronunciare una parola, che il ragazzino era già corso via.
Non c'era altro da fare..

La via era ampia, una delle strade principali. Eppure, ad ogni passo, si faceva sempre più deserta..
Nemmeno un curioso? Qualsiasi cosa fosse, non aveva attirato l'attenzione dei popolani?
Paura.
Notizie diffuse in fretta.E qualcosa, nel bel centro della città: la gente se ne allontanava, cercava di passarla sotto silenzio.

La via terminava in uno spiazzo fiocamente illuminato. I passi della giovane si fecero lenti e cauti..

Edited by [aBsinTHe] - 20/5/2007, 19:23
 
Top
VyTheOwl
view post Posted on 16/4/2007, 12:16




“Non ci tengo a morire divorato da un demone…”
Il grosso gatto scuro camminò nel cerchio di luce disegnando silenzioso un’ampia traiettoria ad arco… lentamente, scivolò silenzioso alle spalle di Edea, mettendo il demone-vampiro tra sé e quella misteriosa creatura dalle sembianze canine.
“Non mi ucciderà, Edea… non subito, almeno.”
Conosceva l’Immortale quel tanto che gli bastava per averne una ragionevole certezza: sapeva per esperienza e per ciò che gli era stato raccontato che ella amava far domande ed ottenere risposte, come se un’innata curiosità quasi felina dominasse la sua indole demoniaca e la sete inesauribile del vampiro.
“No, almeno lei non mi ucciderà… e sembra abbastanza forte da tener testa a quel cane, qualunque cosa davvero sia.”
Qualcosa in lui però lo avvertiva: non erano i demoni il pericolo in quel luogo, quella notte… delle forze più profonde e più sottili stavano tessendo una trama al limite del visibile, una trama di cui, in qualche strano e misterioso modo, egli sentiva incomprensibilmente di far parte.
 
Top
.edea.
view post Posted on 17/4/2007, 16:52




La donna guardò la scena con quasi comico interesse.
Il cane grigio era ad un passo dal ringhiare allo strano felino appena apparso nella piazzetta. Felino che, alla vista del cane, aveva preferito mettersi alle sue spalle, quasi come se cercasse in lei una protezione.
Edea si issò in piedi e lanciò uno sguardo fugace al gatto dietro di lei, prima di posarlo sul cane che sembrava guardarla con diffidenza.
Che animali strani da queste parti, si disse, sorridendo appena.
Poi si ricordò del luccichio rosso ai suoi piedi e tornò immediatamente seria. C'era molto di più in tutta quella storia. Prima i suoi sogni, poi quella bambina, ora quegli animali e quel bagliore vermiglio. Si, c'era senz'altro molto di più. E lei aveva intenzione di capirci qualcosa.
Tenendo sotto controllo il cane davanti a lei, si abbassò a raccogliere la fonte di quello strano luccichio e si ritrovò nel palmo sinistro una piccola pietra rosso sangue.
Un brivido le corse lungo la schiena e la testa le cominciò a girare.
"Ma che...?" sussurrò appena, ma non fece in tempo a liberarsi della pietra. Tutto le divenne buio davanti agli occhi e mentre crollava al suolo priva di sensi, la piccola gemma che teneva nel palmo, sembrò fondersi con la pelle candida.
 
Top
[aBsinTHe]
view post Posted on 18/4/2007, 16:03




La figura esile, ferma ai confini della piccola piazza, fu scossa da un sussulto, poi uno scatto istintivo la portò a cercare riparo nell'ombra di uno stretto vicolo.
Premette la schiena contro i muri ancora impregnati dell'umidità dela notte passata: ne sentiva contro e scapole la pietra ruvida e porosa, tra l'odore di terriccio e travi ammuffite. Gli occhi chiusi, un leggero senso di nausea le stringeva lo stomaco.

La scena che le si era presentata non era certo delle più consuete..
Ma la sua mente non era impegnata ad interpretarne il significato. Ammesso che qualcosa del genere potesse avere un senso.
Quel sangue, i cadaveri.. l'immagine le ritornò agli occhi, i nervi scossi: non erano nè il momento nè la situazione più adatti per cercare risposte razionali.

Restò ferma, ad ascoltare il rumore del proprio respiro, quasi a volerlo tenere sotto controllo.
Fece scivolare mano lungo il fianco, in un gesto quasi incosapevole, finchè le sue dita arrivarono a sfiorare l'elsa del pugnale nascosto sotto la mantellina: ne sentì il freddo confortante.
Probabilmente un gesto del tutto inutile, lo sapeva,

Edited by [aBsinTHe] - 18/4/2007, 18:25
 
Top
37 replies since 12/12/2006, 13:32   1091 views
  Share