Eberon - Giorno 109
Qualcuno vestito di bianco, un'armatura, sembrava a prima occhiata. Il volto coperto per intero da un elmetto dello stesso colore niveo. La figura risaltava come un diamante raffinato in mezzo alla distesa sabbiosa che si era ridotta ad essere l'intera superficie di quel pianeta toccato dal Male. L'elmo, presentava una grossa V nera dove ci sarebbe dovuto essere lo spazio per permettere la visione. Un manto lungo il doppio dell'altezza della figura, avvolgeva il torso, e il tessuto -se quello poteva essere chiamato cosi- era sbattuto e percosso dalle raffiche di vento ustionante del pianeta. Egli era rivolto alla figura che sostava sull'altipiano, poco piu' sopra di lui..
Alzò un braccio, lungo e coperto da quell'armatura di metallo niveo, che rifletteva la luce della Stella Shad come uno specchio. Era luminosa, quella figura. Quasi, trasmetteva un senso di pace interiore, mentre il dito indice di una mano composta da sole tre dita, andava ad indicare l'uomo sull'Altipiano.
Poi, aprì le dita, puntando il palmo della mano verso di lui, dopo averlo indicato, quasi in un segno di saluto Romano. La mano destra, quella che salutava, rimase ferma verso l'alto abbastanza a lungo da permettere al Custode dell'Altipiano di nottare qulla figura. La mancina, avvolta nel lungo manto bianco, si mosse. Lentamente, una piccola scatola nera, deliziosamente itarsiata, venne staccata delicatamente dalla cintura dello stesso colore. La figura si inchinò a terra, fino a quando il ginocchio destro non affondo nella sabbia rovente. Poggiò li, la scatola color pece, e si rialzò. La mano destra, formate da quelle sole tre dita aliene, si punto prima sulla fronte, toccandola con il palmo. Poi, all'altezza di una bocca umana, poco sopra il mento, dove terminava l'elmetto candido, e infine al centro del petto. Tornò quinndi a sollevarsi, nello stesso gesto compiuto poco prima, prima di abissarsi nel lungo manto niveo. Il bianco, simbolo di purezza e bontà. Non si sapeva, quale folle potesse avventurarsi da solo, e senza una visibile attrezzatua adatta, in quel posto desolato. La figura bianca, giro su stessa, rivolgendo le ampie spalle a colui che lo sovrastava, dall'altipiano. Iniziò quindi ad allontanarsi, fino a che un piccolo rettangolo nero non si aprì davanti a lui. Non si sentì nulla. Si vide solo, in lontannza, l'aprirsi di questo rettangolo di tenebra, in cui la figura bianca scomparve, chiudendolo dietro di lui.
Non era niente di strano, per una mente abituata a vedere dei miracoli tecnologici come quello. Probabilmente, li, vi era una nave, o un mezzo di trasporto in grado di oscurarsi, e di riflettere la luce della Stella in ogni direzione, provocando una sorta di invisibilità temporanea. La scatola nera, rimase li, sotto il vento incessante e graffiante di Eberon, sola, abbandonata al libero arbitrio del Custode dell'Altipiano che, avrebbe potuto lasciarla li, o andarla a recuperare. Tutto, si fonda su una scelta. L'intero cosmo, è governato dalla razionale legge della causa e dell'effetto, e quindi, dal libero arbitrio.
Frigidarium - Giorno 110
Il riposo dell'Allevatore, non era destinato a perdurare per troppo tempo. Una, forse due ore dopo, composte da 60 minuti umani, il sistema di comunicazione iniziò ad mettere luce e vibrare. Una chiamata, molto probabilmente. Una chiamata che venne accettata automaticamente dal dispositivo. Una trasmissione che proveniva da oltre il Sistema Shad. Il piccolo ologramma, alto forse 40 centimetri, proiettò una figura, con le mani unite dietro la schiena. Una figura nera, con una lunga veste terminante in un ampio cappuccio. Un buo nero, un unico buco di insondabile oscurità vi era, al posto del volto. La voce, era completamente inumana. Niente, su quella figura era naturale, ne lo sembrava minimamente. La voce glaciale, metallica, sembrava essere lo scherzo mostruoso di un sadico caso sonoro, provocato dal rimbalzo dei suoni che una cascata di chiavi tintinnante e incessante sulle pareti di un pozzo profondo come la fossa delle Marianne, vomita su questo mondo. Erano poche parole, ma per qualche istante, gli emettitori del suono sembrarono collassare.
"La nave è giunta. La stazione orbitante di Shyksak attende. Dormiente." La comunicazione era arrivata ovunque. Anche laggiu, su quel pianeta dimenticato dalle Stelle e dal calore. Ovunque era stata sentita. C'era chi gli aveva dato poca importanza, presa come uno scherzo delle onde di propagazione spaziali, chi invece, aveva dato un enorme peso alla cosa. L'ologramma scomparve, risucchiato via dai sistemi di controlli in un piccolo bagliore bluastro. I Vermi erano immobili. Rimasero immobili per tutto il tempo che la voce si sparse per il veicolo. Era forte. Era colma di un'autorità fuori dai canoni umani. Inquietava, per l'alieno tono. Se attraverso un ologramma poteva quasi far scoppiare un cuore umano, dal vivo, doveva essere ancora peggio. O forse non lo era affatto. Forse era stata solo modificata dalla tecnologia. Ma la cosa che piu' faceva riflettere, era che quella comunicazione, era stata accettata automaticamente dai sistemi. Tutto tornò nel silenzio, spezzato solo dalle raffiche di vento e dal tintinnio e stridore metallico del veicolo che, con la stasi, combatteva quel vento gelido e tagliente come lame orientali.