| Alla Locanda del Gatto Volante Solstizio d'Inverno - anno 2108 dell'Impero
La Locanda del Gatto Volante non era ciò che si dice un locale calmo e silenzioso, un posto adatto ad una serata romantica o ad ore di pacifica e calma riflessione davanti ad un unico bicchiere di vino. Il vino, che pure vi si trovava di ottima qualità e di molte pregiate varietà, scorreva invece a fiumi tra brocche di ceramica decorata e caraffe di cristallo dalle trasparenze multicolori; tra i tavoli di legno scuro si aggiravano chiassosi per lo più studenti dell'Accademia, della quale la Locanda fungeva in parte da dormitorio e da ritrovo serale. Le tuniche scure degli Allievi dell'ultimo anno contrastavano stranamente con l'atmosfera così gioviale e colorata di suoni ed odori dell'ampia sala, in fondo alla quale Artisti di ogni livello ed abilità giocavano a creare immagini e suoni che finivano per lottare, sopraffarsi a vicenda, mescolarsi in un turbinio insensato e vivace. L'aria densa di voci e risate odorava di prelibatezze rare e di pane appena sfornato, dei dolci tipici delle città della costa meridionale, dell'aroma delle bevande fermentate e dell'odore persistente delle botti e degli otri colmi.
Quella sera, appoggiandosi al bancone di marmo, legno e rame, l'uomo che tutti chiamavano semplicemente "oste" - parola pronunciata spesso nella Locanda, urlata con i più disparati toni di voce e le più diverse intenzioni - si sorprese a chiedersi da quanto tempo andasse avanti la sua vita di signore e padrone di quel luogo, forse poco nobile, ma di certo apprezzato quanto l'Accademia stessa da Allievi e Cittadini di Ocis Roch. Era un uomo pratico e concreto, poco incline a porsi domande sul senso dell'esistenza e della Storia, che traeva piacere dall'allegra confusione della quale si era circondato, dal gusto della birra scura che riempiva le piccole botti di rovere della sua cantina, dal cibo che preparava con la maestria di chi da duecento anni regola temperature e tempi di cottura, sceglie ingredienti, miscela sapientemente, annusa, assaggia. Stupito da sè stesso e dai propri pensieri, quasi non si accorse del giovanotto che gli si era avvicinato chiamandolo a più riprese. Lo conosceva, gli serviva da bere ogni sera da almeno otto anni, e per i primi mesi in cui il ragazzo aveva frequentato l'Accademia lì ad Ocis gli aveva anche affittato una delle sue camere, al piano superiore dell'ampia costruzione.
"Che vuoi adesso, Nosistre?" l'apostrofò... "Non hai bevuto abbastanza per questa sera? Non ho intenzione di farti riaccompagnare a casa anche stavolta, sai..."
L'altro, impettito nella sua tunica nera lunga e stretta, lo squadrò con un sorriso sarcastico e non del tutto sobrio; quindi gli strillò di rimando "Versami un Rosso delle Colline, oste maledetto. E ricordati che il conto di questo mese è già tutto pagato! ...Piuttosto..." continuò con fare confidenziale, abbassando la voce quel tanto che bastava a costringere l'oste stizzito ad avvicinarsi per ascoltare "che cosa mi sai dire di quelle due... quelle due Veggenti che erano qui l'altro ieri.?"
L'oste grugnì qualcosa indaffarato, ma non diede segno di voler rispondere, ed il giovane lo incalzò insolente: "lo so benissimo che non te ne sfugge una, sarai anche vecchio ma certo non sei stupido... le hai viste quelle due, ci scommetto una botte di Malagìano Invecchiato contro quattro monete di rame!"
Il locandiere stava per investirlo con il suo burbero disappunto, quando un aiutante silenzioso e dallo sguardo stranamente serio e profondo l'interruppe, porgendo a Nosistre il calice che aveva poc'anzi ordinato, e tornandosene poi in un angolo del locale a spolverare vecchie preziose bottiglie. L'Allievo chiamato Nosistre rimuginò un momento, bevve lentamente un sorso del vino profumato ed appena frizzante, quindi chiese ancora, dimentico delle misteriose bellezze di qualche sera prima "Il tuo nuovo aiutante... com'è che si chiama?"
"Lowe" rispose l'Oste riponendo una bottiglia scura e vuota "perchè?"
"Perchè?" rise l'altro "Perchè i giovani del mio corso non fanno che parlare di lui... sapessi che storie s'inventano. Anche se, a dirti la verità, strano è strano. Non trovi anche tu?"
"No" fu la risposta secca e decisa; ma Nosistre era troppo ubriaco per accorgersene, o troppo inesperto per cogliere i segni di qualcosa più che un semplice carattere scorbutico.
"Dicono che sia capace di molte cose, dicono... ed una Veggente di Primo Stadio, una che esce con Marul il biondo - dovresti conoscerli.."
l'altro annuì distrattamente, lasciando che il ragazzo proseguisse "Insomma, quella veggente dice che molte di loro hanno percezioni strane quando lo incontrano." Gli sfuggì una smorfia di aperto sarcasmo... "Altro che percezioni, dico io... certo, è un uomo affascinante, lo devo ammettere" disse, squadrandolo.
L'aiutante Lowe, al lavoro davanti agli scaffali ingombri di brocche e calici, non diede segno di aver notato il suo sguardo insistente... in silenzio, con movimenti fluidi, ordinava bottiglie, bicchieri e tazze, con espressione seria e distante sul volto dai tratti decisi - come immerso in oscuri ed antichi pensieri senza nome nè parole.
"Dicono, sussurrano" Nosistre guardò l'Oste negli occhi, in cerca di una conferma "che sia addirittura un Maestro, finito qui per chissà quale motivo. Che abbia del potere è indubbio... solo, che ci fa a pulire piatti?"
"Aveva bisogno di lavorare" sillabò freddo l'Oste "ed io avevo bisogno di un assistente, dato che voialtri sapete soltanto bere e far casino!" "E non gli hai chiesto chi è e da dove viene?" Nosistre accentuò a bella posta la sua incredulità, finendo poi d'un sorso il bicchiere.
"No, gli ho chiesto se sapesse cucinare. Mi è parsa una domanda più utile... ed a proposito di cucinare: lasciami lavorare, che è ora di cena e la gente ha fame. Non sei l'unico cliente di questa Locanda, anche se pare tu non te ne sia proprio accorto! Aspetta..." disse, prevenendo una risposta seccata del ragazzo "bevitene un altro, offro io..." gli riempì ancora il bicchiere alto ed allungato "Ma fammi lavorare, per carità. Quella tavolata laggiù è qui da mezz'ora ed ancora non ha nulla da mettere sotto i denti" concluse.
Lasciò Nosistre al suo bicchiere di vino rosso, senza dargli possibilità alcuna di replicare, e scomparve rapidamente oltre la soglia della cucina. Nosistre bevve rapidamente quello che doveva essere l'ultimo bicchiere della sua serata, quindi si avvolse nel mantello ed uscì a passi malfermi dalla Locanda incamminandosi per le vie battute dal vento denso d'umidità di Ocis Roch, l'avamposto sull'Oceano Meridionale, la città di pietra conosciuta nell'Impero come "il Porto delle Nebbie."
Edited by VyTheOwl - 24/4/2008, 04:01
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